Bloggando il Corano: Sura 9, “Il Pentimento”, Versetto 29

Commento al Corano: Sura 9, Il Pentimento, Versetti 29
di ROBERT SPENCER (2, Dicembre, 2007)

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Il Versetto 29 della Sura 9 del Corano è il passo in cui i Musulmani ricevono l’esplicito ordine di muovere guerra contro Ebrei e Cristiani (Il Popolo del Libro) al fine di sottometterli. Una volta sottomessi entrano nella dhimma, la protezione dei Musulmani, diventando dhimmi, individui protetti (o colpevoli). Così come formulato, il modo in cui questo Versetto viene interpretato dagli esegeti Musulmani è di fondamentale importanza per Ebrei, Cristiani e – proprio perché nel mondo Islamico la religione tende a essere considerata parte dell’identità etnica di ciascuno piuttosto che una questione di convinzioni personali, così che ancheRichard Dawkins e Christopher Hitchens sarebbero considerati Cristiani – cioè, in generale, non-Musulmani.

Secondo As-Sawi, Ibn Juzayy, e molti altri,

questo Ayat fu rivelato quando al Messaggero di Allah fu ordinato di combattere i Bizantini. Quando fu rivelato, Maometto si preparò per la spedizione a Tabuk.

Ibn Kathir concorda:

Allah ordinò al Suo Messaggero di combattere il Popolo delle Scritture, Ebrei e Cristiani, nel nono anno dell’Egira, e lui preparò il suo esercito per combattere i Romani e chiamò il popolo alla jihad, annunciando le sue intenzioni e la sua destinazione.

Questa fu una incursione che Maometto tentò contro la guarnigione Bizantina (Romani d’Oriente) di Tabuk in Arabia Settentrionale nel 631, ma le forze Bizantine si allontanarono prima che Maometto arrivasse e non affrontarono i Musulmani in battaglia. Tuttavia fu solo il primo tentativo di sottomettere il  grande impero Cristiano. Da quel giorno i Musulmani lo attaccheranno per secoli staccandone ogni volta piccoli frammenti, riuscendo alla fine a distruggerlo.

Ibn Juzayy dice che questo Versetto è un

ordine di combattere il Popolo del Libro

che, in accordo con quanto detto nel Versetto 30,

nega la sua fede in Allah a causa delle parole degli Ebrei: Uzayr [Ezra] è il figlio di Allah, e a causa delle parole dei Cristiani: il Messia è il figlio di Allah.

I Musulmani li devono combattere anche

perché considerano consentiti i cadaveri, il sangue, il maiale ecc.

e perché

non abbracciano l’Islam.

Aggiunge che

gli studiosi concordano sull’accettazione della jizya [una tassa pro-capite basata sulla religione] da Ebrei e Cristiani

e aggiunge che

i Magi/Zoroastriani sono stati aggiunti a loro, in base alle parole del Profeta: trattateli come il Popolo del Libro

benché

non ci sia accordo sull’accettare la jizya dagli idolatri e dai Sabei.

Specifica poi che la jizya

non viene pagata dalle donne, dai bambini e dai dementi

e significa

sottomissione e obbedienza.

Mentre la legge Islamica sancisce che la jizya non deve essere raccolta da donne e bambini, in molti casi la realtà fu del tutto diversa. Secondo Bat Ye’or, una pioniera tra i gli storici della Dimmitudine [o Dhimma]:

La tassa pro-capite era estorta mediante tortura. Gli ispettori delle tasse richiedevano donativi per sé medesimi; vedove e orfani erano derubati e rapinati. In teoria, donne, poveri, ammalati e invalidi in generale erano esenti dalla tassa pro-capite; nonostante ciò, fonti Armene, Siriache ed Ebree provvedono abbondanti prove che la jizya era pretesa  anche per i bambini, le donne, gli orfani ed anche per i morti. Un considerevole numero di documenti tuttora esistenti, preservati lungo i secoli, testimoniano la persistenza e l’immutabilità di tali misure. In Aleppo, nel 1683, il Console Francese Chevalier Laurent d’Arvieux annotò che i bambini Cristiani di 10 anni pagavano la jizya. Qui, ancora, si osserva la diversità e le contraddizioni tra l’ideale teorico e la realtà storica dei fatti. (The Decline of Eastern Christianity Under Islam, pp. 78-9).

Il Tafsir al-Jalalayn dice che quando il Versetto 29 specifica che i Musulmani devono combattere contro coloro che

non seguono la Religione di Verità,

intende coloro che non seguono l’Islam ,

il che è definitivo e abroga ogni altro din [religione].

Ibn Kathir conferma in modo indiretto quanto sopra, quando spiega che il Popolo del Libro era in malafede quando respinse Maometto e che essi non sono veri credenti neppure nelle loro stesse religioni:

Pertanto, quando il Popolo delle Scritture non credette a Maometto essi non avevano nessuna fede benefica in alcun Messaggero o in ciò che i Messaggeri avevano rivelato. Piuttosto, seguivano le loro religioni perché si adattavano alle loro idee, alle loro brame e alle tradizioni dei loro antenati, non perché fossero la religione e la Legge di Allah. Fossero stati veri credenti delle loro religioni, la loro fede li avrebbe indotti a credere in Maometto, perché tutti i Profeti annunciarono la buona novella dell’arrivo di Maometto e comandarono di obbedirgli e di seguirlo. Eppure, quando Maometto fu inviato, essi rifiutarono di credere in lui, anche se è il più grande di tutti i Profeti. Pertanto, essi non seguono la religione annunciata dai Profeti precedenti perché credono che queste loro religioni vennero da Allah, ma solo perché si adattano bene ai loro desideri e alla loro cupidigia. Pertanto, la loro presunta fede in un Profeta precedente non gli sarà di alcun beneficio, perché rifiutarono di credere nel maestro, il più potente, l’ultimo e il più perfetto di tutti i Profeti.

As-Sawi specifica che il pagamento della jizya significa che i non Musulmani sono

umili e obbedienti al giudizio dell’Islam.

As-Suyuti aggiunge che la jizya

non deve essere pagata da chi è in stato di indigenza

benché  fosse una richiesta che talvolta non era possibile onorare. Per esempio, una cronaca contemporanea della conquista Musulmana di Nikiou, una città Egiziana, attorno al 640, dice che

era impossibile descrivere la miserevole condizione degli abitanti di questa città che arrivarono al punto di offrire i loro figli in luogo delle enormi somme che dovevano pagare ogni mese… (The Decline of Eastern Christianity Under Islam, pp. 271-272).

Questa era una manifestazione dello

stato di umiliazione

specificato da questo Versetto e declamato con evidenza dal comandante Beduino al-Mughira bin Sa’d quando incontrò il comandante Persiano Rustam. Al-Mughira disse:

“Io ti chiamo all’Islam, oppure dovrai pagare la jizya, mentre sei in uno stato di umiliazione.”

Rustam rispose:

“o cosa significa jizya, ma cosa significa: uno stato di umiliazione?”

Al-Mughira spiegò:

“Tu la paghi stando in piedi, mentre io sto seduto e il porta frusta sta sospeso sulla tua testa”.

Analogamente, Ibn Kathir dice che i dhimmi [i protetti] devono essere

svergognati, umiliati e disprezzati. Pertanto non è permesso ai Musulmani onorare la gente della dhimma [protezione] o elevarla più in alto dei Musulmani, perché essi sono miserabili, svergognati e umiliati.

Il giurista del settimo secolo Sa’id ibn al-Musayyab sentenziò:

Io ritengo che il popolo della dhimma si debba stancare nel pagare la jizya dato che Lui dice: fino a che essi paghino la jizya con le loro stesse mani in uno stato di assoluta degradazione.

As-Suyuti spiega che questo Versetto

viene usato come prova da coloro che dicono che deve essere presa in modo da umiliare, e così l’esattore sta seduto, mentre il dhimmi sta in pedi, con il suo capo inchinato e la schiena piegata. La jizya è posta sulla bilancia e l’esattore gli afferra la barba e colpisce il suo mento.

Aggiunge, tuttavia, che “questo è respinto da an-Nawawi che disse: questo modo non è legittimo”. D’altra parte, Zamakhshari accettava che la jizya fosse raccolta “con disprezzo e umiliazione”.

Come bisogna fare perché gli Ebrei e i Cristiani subiscano ogni giorno la loro umiliazione.

Il Versetto 29 della Sura 9 del Corano, come abbiamo visto, ordina che i Musulmani combattano contro gli Ebrei e i Cristiani “finché non paghino la jizya [tassa pro-capite] con volontaria sottomissione e sentendosi soggiogati”.

Asad, Daryabadi e altri commentatori Occidentalizzanti affermano che la jizya era soltanto una tassa per l’esenzione dal servizio militare. Asad spiega:

ogni Musulmano fisicamente idoneo è obbligato a impugnare le armi nella jihad (cioè, in una guerra giusta per la causa di Dio) ogniqualvolta la libertà della sua fede o la sicurezza politica della sua comunità è minacciata … Poiché questo è, prima di ogni altra cosa, un obbligo religioso, i cittadini non Musulmani, che non accettano l’ideologia Islamica, non possono giustamente essere tenuti a sopportare un tale fardello.

Ma passano sotto silenzio l’ultima parte del Versetto 29, che ordina l’umiliazione dei non Musulmani.

Spiegando come Ebrei e Cristiani devono “sentirsi sottomessi”, Ibn Kathir cita un detto di Maometto:

Non iniziare il Salam [saluto di pace] con gli Ebrei e i Cristiani e se incontri in una strada uno qualsiasi di loro, costringilo a passare nel vicolo più stretto.

Poi continua citando il notissimo Patto di Umar, un accordo stipulato, secondo la tradizione Islamica, tra il Califfo Omar, che governò i Musulmani tra il 634 e il 644, e una comunità Cristiana.

Questo Patto merita di essere esaminato da vicino, perché diventò la base della legge Islamica sul trattamento dei dhimmi. Senza quasi nessuna variazione degna di nota, lungo la storia Islamica ogni qual volta la legge Islamica era applicata con rigore, questo era il modo in cui di solito i non Musulmani erano trattati. Analizzando il testo completo, come Ibn Kathir lo riporta, queste sono le condizioni che i Cristiani accettano in cambio di

sicurezza per noi stessi, i nostri figli, le nostre proprietà e per i seguaci della nostra religione

– condizioni che, secondo Ibn Kathir,

assicurarono la loro continua umiliazione, mortificazione e vergogna.

I Cristiani non possono:

1. Costruire “un monastero, una chiesa o un santuario per i monaci”;
2. “Riparare qualsiasi luogo di culto che necessiti di restauri”;
3. Usare questi luoghi “per scopi di inimicizia versi i Musulmani”;
4. “Nascondere spie contro i Musulmani nelle nostre chiese e nelle nostre case o occultare inganni [o tradimenti] contro i Musulmani”;
5. Imitare “gli abiti, i cappelli, i turbanti, i sandali, le acconciature, il modo di parlare, i soprannomi e i titoli dei Musulmani”;
6. “Cavalcare sulla sella, allacciare spade sulle spalle, procurarsi armi di qualsiasi tipo o portare queste armi”;
7. “Scrivere le nostre insegne in Arabo”
8. “Vendere liquori” – I Cristiani in Iraq negli ultimi anni si scontrarono con i Musulmani che riaffermavano questa regola;
9. “Insegnare il Corano ai nostri figli”;
10. “Rendere pubbliche le pratiche di Shirk” – cioè, di associare compagni ad Allah, tipo considerare Gesù figlio di  Dio. In altre parole, le pratiche religiose Cristiane o di altri culti, saranno private, se non addirittura praticate di nascosto;
11. Costruire “croci all’esterno delle nostre chiese e ostentare le croci e i nostri libri in pubblico nelle fiere e nei mercati dei Musulmani” – ancora, il culto Cristiano non deve essere pubblico, dove i Musulmani possono vederlo ed esserne irritati;
12. “Suonare le campane nelle nostre chiese, eccetto che con discrezione, o alzare la voce recitando le nostre preghiere entro le nostre chiese, alla presenza di Musulmani, né alzare le nostre voci [in preghiera] durante i nostri funerali, o accendere torce durante le nostre processioni funebri nei quartieri dei Musulmani o nei loro mercati”;
13. “Seppellire i nostri morti vicino a quelli dei Musulmani”;
14. “Comperare schiavi catturati dai Musulmani”;
15. “Invitare nessuno allo Shirk” – cioè, fare proseliti, benché i Cristiani fossero già d’accordo;
16. “Ostacolare chiunque dei nostri compagni ad abbracciare l’Islam, se così decidesse”. Così i Cristiani possono essere oggetto di proselitismo, ma loro non possono diffondere la loro religione;
17. “Picchiare un Musulmano”.

Invece i Cristiani devono:

1. Permettere ai Musulmani di riposare “nelle nostre chiese, sia di giorno che di notte”;
2. “Aprire le porte [delle nostre case di preghiera] per i viandanti e i passanti”;
3. Garantire vitto e alloggio per tre giorni per “quei Musulmani che vengono come ospiti”;
4. “Rispettare i Musulmani, alzarsi dai nostri sedili se decidono di sedersi al nostro posto” – sfumature alla Jim Crow [legge USA che regolava i rapporti tra bianchi e negri negli Stati del Sud dal 1876 al 1965; N.d.T.];
5. “Tagliare la parte anteriore della nostra capigliatura, indossare ovunque i nostri abiti tradizionali, allacciare cinture attorno ai nostri fianchi” – ciò per consentire ai Musulmani di riconoscere un non Musulmano ed evitare l’errore di salutarlo con As-salaamu aleikum, “La pace sia con te” che è il saluto di un Musulmano per un fratello Musulmano;
6. “Dare informazioni ai Musulmani ma evitare di disturbare la loro privacy nelle loro case”.

I Cristiani giurarono:

Se noi infrangeremo una sola di queste promesse che abbiamo fatto per il vostro benessere e contro il nostro, allora la nostra Dhimma (promessa di protezione) è rotta  e voi potrete farci quello che è consentito fare alla gente inaffidabile e ribelle.

Ovviamente, il Patto di Omar è un documento del settimo secolo. Ma l’imperativo di sottomettere i non Musulmani come ordinato dal Corano 9:29 e specificato in pratica da questo Patto diventò e rimase parte della Legge Islamica.

Nel diciannovesimo secolo le potenze Occidentali iniziarono  a fare pressioni sull’ultimo impero Islamico, l’Impero Ottomano, per abolire la dimmitudine. All’inizio del diciannovesimo secolo a Bagdad, lo Sceicco Syed Mahmud Allusi (1802-1853), autore del noto commentario del Corano Ruhul Ma’ani, lamenta che i Musulmani sono diventati così deboli che i dimmi pagano la jizya mediante agenti, invece di portarla loro stessi a piedi.

Nel suo Tafsir Anwar al-Bayan, il Mufti Indiano del ventesimo secolo, Muhammad Aashiq Ilahi Bulandshahri, si lamenta che

il sistema della Espiazione (Jizya) non è assolutamente praticata dai Musulmani. Ed è certo una sventura che, non solo gli Stati Musulmani abbiano paura di imporre l’Espiazione (Jizya) sugli infedeli (kuffar) che vivono nel loro paese, ma che concedano a loro maggiori diritti di quelli che concedono ai Musulmani e che li rispettino di più. I Governi non riescono a capire che Allah desidera che i Musulmani non mostrino alcun rispetto agl’infedeli (kafir) e che non devono accordare loro nessun diritto speciale.

L’influente teorico della jihad del ventesimo secolo, Sayyid Qutb (1906-1966) sottolinea che queste regole dovrebbero essere ripristinate, perché

questi Versetti furono rivelati come una regola generale e l’ordine di combattere i popoli che seguono le precedenti rivelazioni fino a che non paghino la tassa di sottomissione con mano zelante e non siano soggiogati, è anch’esso di primaria importanza (All’Ombra del Corano, Vol. VIII, p. 126).

Allo stesso modo, il jihadista Pachistano, scrittore e attivista, Syed Abul A’la Maududi (1903-1979) dichiara che

semplicemente, il fatto è che, secondo l’Islam, ai non Musulmani è stato consentito di stare fuori dalla comunità Islamica, e di aderire alle loro fabbricate e false credenze, se così desiderano. (Sayyid Abul Ala Mawdudi, Towards Understanding the Qur’an, vol. 3, p. 202)

Ciò evita ogni possibile contraddizione tra la sua interpretazione del Versetto 29 e 2:256,

Non c’è costrizione nella religione.

Maududi continua dichiarando che gl’infedeli

tuttavia, non hanno assolutamente alcun diritto di reggere le redini del potere in nessuna parte della terra di Dio né di dirigere gli affari collettivi dell’umanità secondo le loro dottrine mal concepite. Perché, se una tale opportunità fosse a loro concessa, ne conseguirebbe corruzione e delinquenza. In una tale situazione i credenti hanno l’obbligo di fare il loro massimo possibile per rimuoverli dal potere politico e di farli vivere sottomessi al modo di vita Islamico. (Verso la Comprensione del Corano, vol. III, p. 202)

Oggi inOccidente diversi apologeti islamici affermano che 9:29 comanda la guerra solo contro gli ebrei e i cristiani che hanno combattuto contro Maometto. Vorrei che tutti i musulmani lo credessero, ma sfortunatamente questa interpretazione del versetto non è mai stata la più accettata. In effetti, se lo fosse stato, il Patto di Umar, che descrivo in dettaglio sopra, non sarebbe mai stato realizzato – poiché è stato fatto dopo la morte di Maometto contro dei cristiani contro i quali il profeta dell’islam non ha mai combattuto. Questo di per sé, così come gli insegnamenti di tutte le scuole di diritto islamico, dimostra che questo l’interpretazione violenta del versetto è quella unoversalmente accettata nel mondo islamico.

Questo è il motivo per cui lo Stato Islamico ha tentato di raccogliere la jizya dai cristiani di Mosul quando ha conquistato la città nel 2014.

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