La famigerata tolleranza islamica

Cos’è la tolleranza islamica? Questa domanda suscita un’importante considerazione “gnoseologica”. Il significato che diamo alle parole dipende dalla nostra cultura. Pertanto, quando ci troviamo a parlare con un musulmano di tolleranza, pace, giustizia, fratellanza, morale, bontà, innocenza, elemosina ecc, non è assolutamente sicuro che intendiamo le stesse cose che intende il nostro interlocutore ma anzi, è certo che i concetti che un occidentale esprime con queste parole siano profondamente diversi da quelli espressi dal musulmano che si basa sugli insegnamenti tradizionali dell’Isàm.

Il Corano è la diretta parola di Dio rivelata a Maometto dall’arcangelo Gabriele. Non è un racconto o un testo ispirato, è la ripetizione esatta delle parole di Allah rivelate. Si tratta quindi di parole eterne, immutabili nel tempo e nello spazio.

Purtroppo nel Corano troviamo versetti tolleranti (pochi) e versetti violenti (molti).

La rivelazione del Corano non è stata istantanea, ma si è compiuta in un periodo di 23 anni (dal 610 al 632, anno della morte di Maometto). E’ interessante notare che i versetti tolleranti sono stati rivelati all’inizio della missione profetica di Maometto, alla Mecca, e sono man mano diventati meno tolleranti dopo l’Egira a Medina (622) per diventare decisamente violenti verso la fine (Sura 9). Più i musulmani aumentavano di numero, più diventavano potenti sia politicamente che militarmente e più diventavano intolleranti e violenti.

C’è un’evidente discrepanza tra i versetti tolleranti rivelati alla Mecca e quelli violenti e aggressivi rivelati a Medina. La brillante soluzione alle contraddizioni del Corano è il “Principio di Abrogazione”, in Arabo Annaskh wa al manswkh (L’abrogante e l’abrogato) proposto dallo stesso Corano:

Non abroghiamo un versetto né te lo facciamo dimenticare, senza dartene uno migliore o uguale . Non lo sai che Allah è Onnipotente? (Corano 2:106)

In base a questo versetto quelli rivelati posteriormente hanno la prevalenza su quelli rivelati anteriormente. Pertanto, siccome i versetti tolleranti sono quelli rivelati alla Mecca prima dell’Egira, mentre quelli violenti sono quelli rivelati posteriormente, dopo l’Egira, a Medina, ovviamente questi ultimi hanno la prevalenza sui versetti meccani.

Rimane un dubbio: come può un versetto rivelato da Allah non essere vero e perfetto come tutto quanto viene da Dio che è perfezione assoluta? La risposta è semplice, se non per noi, almeno per i musulmani. Secondo la dottrina islamica i versetti sono veri e da applicare, sia quelli tolleranti che quelli intolleranti. Ciò significa che sia la tolleranza che l’intolleranza sono lecite e ammesse, anche se l’intolleranza è preferibile, in quanto prescritta da versetti posteriori, quindi di maggior rilevanza.

Il fatto è che la misura della morale è la vittoria dell’Islam, cioè della verità sulla “menzogna e sull’ignoranza”. Non esiste un bene assoluto nell’Islam, se non la volontà di Allah. Ciò che Allah vuole è giusto e morale, ciò che proibisce è ingiusto, immorale e criminale. Anche la verità non è un valore assoluto come per il Cristianesimo. Se ai musulmani la verità fosse dannosa, si è assolutamente autorizzati a mentire. Questa pratica dell’inganno si chiama “Taqiyya” ed ha una precisa autorizzazione coranica.

I credenti non si alleino con i miscredenti, preferendoli ai fedeli. Chi fa ciò contraddice la religione di Allah, a meno che temiate qualche male da parte loro. Allah vi mette in guardia nei Suoi Stessi confronti. Il divenire è verso Allah. (Corano 3:28)

Ecco cosa scrive in merito il celebre commentatore medioevale del Corano, Ibn Kathir (1301-1373), nel suo rinomato Tafsir:

Allah poi disse, (a meno che temiate qualche male da parte loro) intendendo, tranne quei credenti che in qualche area o in qualche tempo temano per la loro sicurezza da parte dei miscredenti.

In questo caso, questi credenti sono autorizzati a mostrare amicizia per i miscredenti, esteriormente, ma mai interiormente. Per esempio, Al-Bukhari ha registrato che Abu Ad-Darda’ disse, “Sorridiamo di fronte a certe persone benché i nostri cuori li maledicono.” […]

Il fatto è che chiunque si oppone all’Islam e non accetta la missione profetica di Maometto viene automaticamente considerato un ingiusto, un corrotto, un moralmente condannabile, incluso il popolo del Libro che, se fosse onesto, di fronte alla evidente verità del Corano si convertirebbe: se non lo fa è solo per la sua intrinseca immoralità, doppiezza e malafede.

In conclusione possiamo dire che l’Islàm è una religione e un sistema di vita “tollerante” sì ma solo verso le minoranze soggiogate. La tolleranza dipende dal fatto che a soggetti definiti inferiori dalla sharia è consentito vivere e lavorare al fine di pagare tasse che consentano ai loro padroni islamici un immeritato benessere, ma, come per la gallina dalle uova d’oro, non bisogna esagerare: se la popolazione dhimmi viene troppo vessata, alla fine diventa improduttiva e non risulta più utile alla società islamica dominatrice; si riscatena allora l’intolleranza contro i dhimmi che rimangono sempre e comunque cittadini di seconda classe.

Pertanto la finta “tolleranza islamica” deve essere assolutamente rifiutata e bisogna imporre anche agli islamici il principio che tutti gli esseri umani sono uguali e con identici diritti e doveri per il solo fatto di essere umani. Essere musulmano non deve procurare alcun particolare vantaggio e non esserlo non deve comportare alcun particolare svantaggio: solo così si potrà eliminare lo scandalo della “tolleranza islamica”.

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