Il feroce Saladino

Preso spesso ad esempio come capo islamico di sconfinata tolleranza, correttezza e magnanimità, questo Sultano, famoso per le sue guerre vittoriose, dimostrò anche di meritare l’appellativo di “feroce Saladino”.

 

“La guerra santa, e la relativa passione avevan fortissima presa sul suo cuore e su tutte le membra del suo corpo, tanto che egli non parlava d’altro argomento che questo, non badava che all’apparecchio di questa guerra, non si occupava che di chi questa combatteva, non aveva simpatia che per chi di essa parlava e ad essa esortava.”

“Or stando io [Baha ad-Din] così, il Saladino mi si rivolse e disse […]. <<Ho in animo, quando Iddio mi conceda la conquista del resto del Litorale, di far la divisione dei miei territori, far testamento e dettare le mie volontà, e poi mettermi per questo mare sino alle sue terre lontane, e inseguire i franchi sin là, sì da non lasciare sulla faccia della terra chi non creda in Dio, o morire>>.” (vi ricorda qualcuno? Ma che coincidenza…)

Venerava altamente le regole della fede, credendo nella resurrezione dei corpi, nella retribuzione dei buoni col paradiso e dei malvagi con l’inferno, assentendo a cuore aperto a tutto ciò che la Santa Legge insegna, e detestando i filosofi, gli eretici e i materialisti, e tutti quelli che avversano la Legge. Ordinò per questo a suo figlio al-Malik az-Zahir signore di Aleppo di far giustiziare un giovane a nome as-Suhrawardi, che si diceva nemico della Legge ed eretico. Quel principe suo figliuolo l’aveva fatto arrestare per quanto ne aveva udito, e ne informò il Sultano, che ordinò di ucciderlo: e così lo uccise, e lo tenne per più giorni sulla croce.

Il secondo giorno, il nemico mosse ad affrontarci, ed egli, pur sofferente com’era, ordinò l’esercito per la battaglia: pose all’ala destra al-Malik al-‘Adil, alla sinistra Taqi ad-din, e i suoi figli al-Malik az-Zahir e al-Malik al-Afdal al centro. Egli stesso si pose dietro al nemico per attaccarlo. Appena sceso dal Tell, gli fu condotto un Franco catturato dell’esercito nemico; ed egli, offertogli di abbracciare l’Islàm, ordinò al suo rifiuto di tagliargli la testa, ciò che fu fatto in sua presenza.

L’esercito ruppe il contatto col nemico, nella certezza che quel giorno il Sultano avrebbe fatto uccidere e crocifiggere parecchia gente; suo figlio stesso al-Malik az-Zahir mi raccontò che quel giorno aveva temuto di suo padre al punto da non osare di comparirgli dinanzi

[…]E quando Dio glielo [principe Arnàt] mise in mano in quella giornata, ribadì la sua decisione di ucciderlo per adempiere al suo voto. Lo fece dunque venire col re, e lagnandosi il re per la sete gli fece presentare una coppa di sorbetto. Il re ne bevve, e la porse ad Arnàt; ma il Sultano disse all’interprete: “Di’ al re: sei tu che gli hai dato da bere; io per me, né gli do a bere della mia bevanda, né da mangiare del mio cibo! », intendendo con ciò che chi avesse mangiato del suo cibo, l’onore esigeva che egli non gli facesse alcun male. Dopo di che, troncò il capo ad Arnàt di sua mano, adempiendo il suo voto.

“Al mattino del lunedì diciassette rabì secondo, due giorni dopo la vittoria, il sultano fece cercare dei prigionieri Templari e Ospitalieri, e disse: ‘Purificherò la terra di queste due razze impure’ …
Egli [Saladino] ordinò fossero decapitati, preferendo l’ucciderli al farli schiavi. C’era presso di lui tutta una schiera di dottori e sufi, e un certo numero di devoti e asceti: Ognuno di essi chiese il favore di uccidere un prigioniero, sguainò la spada e scoprì l’avambraccio. Il sultano stava seduto con la faccia sorridente, mentre quelle dei miscredenti erano accigliate. Le truppe erano schierate, con gli emiri su due file. Fra i religiosi, alcuni diedero un taglio netto ed ebbero ringraziamenti; la spada di altri esitò e rimbalzò: furono scusati; altri ancora furono derisi e sostituiti. Io ero presente e osservavo il sultano che sorrideva al massacro, scorsi in lui l’uomo di parola e d’azione. Quante promesse non adempì! Quante lodi non si meritò! Quante ricompense durature a motivo del sangue da lui versato! …”

“Intendo purificare la terra da questi due ordini mostruosi, dediti a pratiche insensate, i quali non rinunzieranno mai all’ostilità, non hanno alcun valore come schiavi e rappresentano quanto di peggio vi sia nella razza degli infedeli”.

Baha ad-Din, amico e biografo del “grande Saladino”


 

Un cronista cristiano così racconta l’arrivo del Saladino in città:

«Quando ebbe preso Gerusalemme non se ne volle andare finché non ebbe pregato nel Tempio e finché tutti i cristiani non fossero fuori dalla città. Egli mandò a prendere a Damasco dell’acqua di rose per lavare il Tempio prima di entrarvi […]. E fece abbattere una grande croce dorata che stava sul Tempio, e che i saraceni poi legarono con delle corde e trascinarono fino alla torre di David. Là i saraceni miscredenti si dettero a spezzarla e le fecero gravi oltraggi: ma non posso dire se ciò sia avvenuto per comando del Saladino. Questi fece lavare il Tempio, vi entrò e rese grazie a Dio». Il Santo sepolcro fu chiuso e le principali chiese trasformate in scuole teologiche islamiche.

La storia dell’imperatore Eraclio, pp. 96-104.


« “Quante volte avete fatto un giuramento e lo avete violato? Quante volte firmato un accordo che non avete mai rispettato?” Rinaldo, tramite l’interprete, rispose: “I re hanno sempre agito così. Non ho fatto nulla di più.” Durante questi momenti, il Re Guido stava male per la sete, la sua testa ondeggiava come fosse ubriaco, la sua faccia tradiva grande paura. Saladino gli indirizzò parole rassicuranti, fece portare dell’acqua fredda e gliela offrì. Il re bevve, dopodiché dette ciò che rimaneva a Rinaldo[…]. Il sultano allora disse a Guido: “non hai chiesto il permesso prima di dargli l’acqua. Pertanto non sono obbligato a garantire la sua salvezza”. Dopo aver pronunciato queste parole, il sultano sorrise, montò a cavallo e si allontanò, lasciando i prigionieri nel terrore. Supervisionò il ritorno delle truppe e quindi ritornò alla sua tenda. Ordinò che Rinaldo fosse portato lì, quindi avanzò verso di lui con la spada in pugno e lo colpì tra il collo e lo spallaccio. Quando Rinaldo cadde, gli tagliò la testa e trascinò il corpo ai piedi del re, che cominciò a tremare. Vedendolo così sconvolto, Saladino gli disse in tono rassicurante: “Quest’uomo è stato ucciso solo a causa della sua malvagità e perfidia”. »

Al-Safadi, al-Wafi bi-l-wafayat

Secondo alcuni autori e nella Storia dei patriarchi di Alessandria, il sultano avrebbe addirittura infierito sul cadavere, anche spalmandosene il sangue sul viso o usandolo per lavarsene le mani. La testa di Rinaldo fu fatta trascinare per ordine del Sultano per tutti i suoi territori dopo essere stata esposta a Damasco.

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