La carriera di Allah: da ingannatore in arabo, a stratega in italiano

Allah ingannatore

Una delle tattiche spesso utilizzate dai musulmani consiste nel dirci che il Corano debba essere recitato in arabo per capirne il vero significato.

In effetti hanno ragione, perché analizzando il Corano nella versione canonica in lingua originale ci si accorge di come le varie traduzioni a noi disponibili siano in realtà versioni annacquate rispetto ad essa, decisamente più esplicita, cruda e diretta.

D’altronde questo linguaggio così diretto è assolutamente in linea con la chiarezza che il libro stesso incessantemente ricorda al proprio lettore quando parla di “libro chiaro” e “versetti espliciti” (12:1, 15:1, 24:46, 26:2, 27:1, 28:2, 45:6, 57:9 e altri).

Un esempio su tutti è la parola che viene tradotta come strategia (o piano) e il termine da esso derivante, ovvero stratega (o pianificatore).

Questi due termini ricorrono in tre versetti, il 3:54, il 7:99 e l’8:30 e ricoprono un ruolo ben preciso svolto da Allah, che non è quello di stratega, ma di imbroglione e ingannatore.

Lo dice il Corano stesso quando utilizza il termine makra (مَكْرَ), un termine dispregiativo che in realtà significa inganno (o imbroglio), insieme alla corrispondente forma verbale e al termine derivato al makireen (الَْماكِرِين), che definisce colui che compie tali atti, ovvero l’ingannatore (o l’imbroglione).

La radice MKR alla I forma makara è usare l’astuzia con qualcuno, ingannare, imbrogliare, tramare, intrigare, con la prep. bi. Alla III forma mākara è cercare di ingannare qualcuno. Il sostantivo makr è astuzia, scaltrezza, inganno, imbroglio, doppio gioco, insidia, intrigo, perfidia; makrah è astuzia, artificio, espediente, insidia. Makkār è astuto, scaltro briccone, imbroglione.

 مَكْرَ ingannatore Allah

Sul dizionario di arabo-inglese compilato da Hans Wehr, il più diffuso tra gli studiosi, viene confermato il significato del termine:

Ma basta soltanto incollare i due termini in arabo nel traduttore di Google per vedere il lemma che ne risulta, ovvero caratteristiche tipiche di chi vive imbrogliando il prossimo.

Allah inganno

Deceit e deception = Inganno, imbroglio.La frase presente in 3:54, و اُللهُ خٓيْرُ اُلْمٓاكِرِينَ (waAllahu khayru almakireena) ha una valenza decisamente più negativa rispetto alla versione edulcorata delle varie traduzioni destinate al pubblico occidentale.

Il suo vero significato è questo:

e Allah è il migliore degli ingannatori

Il versetto     وَمَكَرُوا   وَمَكَرَ  اللَّهُ   وَاللَّهُ  خَيْرُ  االْمَاكِرِينَ

Tradotto da Piccardo è:

“Tessono strategie e anche Allah ne tesse. Allah è il migliore degli strateghi!”

“Tessere strategie” è una taroccata: la parola strategia non è presente nel versetto .وَمَكَرَ  اللَّهُ : il soggetto al nominativo singolare è Allah e il verbo è la terza persona singolare della I (prima) forma (vedi sopra).

خَيْرُ (ḵaīr): la radice debole ḴYR, I forma ḵāra è scegliere, eleggere, preferire; ḵaīr è buono, eccellente, eminente, egregio, migliore, ottimo (parola usatissima, anche in espressioni), sempre al nominativo singolare. Da cui اللَّهُ Allah [è] (che non si scrive mai), eminente/eccellente dei (fra i) الْمَاكِرِينَ , al-mākirīn perché è un plurale, ma non degli strateghi, bensì di coloro che tramano, imbrogliano, ingannano, intrigano, e le strategie non c’entrano.

Riportiamo la traduzione a cura di Gianluca Bonelli del testo più antico, versetto 46 invece di 54:

“I giudei tesero inganni contro Gesù, però Dio [Allah] ne tese pure contro di loro, e Dio [Allah]  è il migliore fra quelli che ne tendono”.

Nota: nei versetti precedenti e seguenti si parla di Gesù. Il problema insomma consiste tutto nella traduzione di Roberto Hamza Piccardo, che è completamente sbagliata.

Anche i versetti 7:99 e 8:30 hanno una valenza decisamente più negativa senza l’abile modifica del traduttore.

I nostri amici islamici hanno proprio ragione: il Corano in arabo ha tutt’altro sapore!

3 Risposte

  1. Mauro Maverna ha detto:

    Non conosco l’Arabo, ma non mi pare molto sensato, dati:
    1) la possibile evoluzione della parola (il Latino “domus”, casa, diventa ad es. l’italiano Duomo [che è la domus Dei, la casa di Dio])
    2) la grande polisemia delle lingue semitiche (in fondo uno stratega inganna i nemici; in Ebraico la radice LBN dà sia Libano sia “leben” (latte) sia Labano).

    • AdminIslamic ha detto:

      Salve Mauro, benevenuto sul nostro blog.

      Riguardo il punto 1, abbiamo aggiornato l’articolo inserendo del materiale per provare quanto detto nell’articolo. Speriamo le sia sufficiente per dissipare ogni dubbio, altrimenti possiamo approfondire ulteriormente.

      Riguardo il punto 2, il fatto che uno stratega inganni il nemico conferma comunque che Allah inganna, è che lo sa fare molto bene, infatti è il migliore.

    • AdminIslamic ha detto:

      Trovato un po’ di tempo, cercherò di risponderle in maniera più precisa. Dopodiché aggiorneremo l’articolo in modo da provare ad evitare che in futuro altri lettori vengano indotti negli stessi errori.

      Il commento “possibile evoluzione della parola (il Latino “domus”, casa, diventa ad es. l’italiano Duomo [che è la domus Dei, la casa di Dio])”, per come lo capisco è inconsistente. Gli arabisti che in passato si sono occupati della traduzione, badavano con estremo scrupolo alla diacronia dei lessemi, proprio per collocare scrupolosamente lessico, sintassi, ecc,. utilizzati dai trascrittori del Corano. Non ci si permetta di dare del fesso a studiosi seri e scrupolosi. Riguardo il commento 2: le radici delle lingue semitiche vongono in arabo declinate in dieci forme (non tutte le radici le hanno tutte, anzi forse pochissime), ciascuna delle quali può assumere anche più di un significato per esempio la nota parola “ǧihād”. La radice ǧhd: alla I forma, verbo “ǧahada”, vuol dire sforzarsi, applicarsi con zelo, ma anche tormentare, estenuare qc. La III forma, “ǧāhada” (prima a lunga), già si traduce in COMBATTERE qc.; mentre, SFORZO, applicazione, zelo, assiduità in qc., e anche fatica, tensione, si dicono “ǧahd”, plurale “ǧuhūd”.
      ǧihād NON VUO DIRE SFORZO, che è “ǧahd”.
      ǧihād si traduce COMBATTIMENTO, LOTTA, GUERRA SANTA CONTRO GLI INFEDELI, combattere lungo la via di Dio (- الله سبيل في جهاد) – le parole sono in ordine rovescio, ma è colpa dell’editor – ; e poi “ǧihādīyat”, Servizio militare.
      Il muǧāhid (il “mu” indica il participio) è colui che COMBATTE LA GUERRA SACRA, che al plurale fa muǧāhiddīn.
      Fra gli altri significati derivati mi semba di ricordare scalino, ma forse mi confondo. La stessa radice consonantica forse era già presente in paleocananaico (come è per esempio la radice ktb, di kataba = scrivere), dal quale anche l’ebraico (non l’arabo), con chi sa quali diramazioni semantiche. Sta di fatto che in arabo, tenendo conto del periodo, una parola aveva il suo, o i suoi, significato e punto, esattamente come in italiano.
      Occorrerebbe però sempre essere molto scrupolosi. Per esempio almakireena, da quel che riesco a leggere dovrebbe essere almeno almakirin. La traslitterazione non dovrebbe mai tenere conto della pronuncia, né araba, spesso dialettale e comunque non necessariamente classica, ancora meno inglese, gli inglesi traslitterano in maniera errata: quella semivocale è una i (y) e non una ee, che in arabo non esiste (ripeto, aggiorneremo l’articolo e ci scusiamo per la svista.
      Aggiungeremo qualche informazione aggiuntiva anche per il termine makra, anche se non trovassimo nulla di interessante.

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